La vita raccontata entra nel cuore degli uomini e il cuore degli uomini crea vita reale, questa é l'alchimia della narrativa. Non ferro che diventa Oro, ma Voce che diventa Vita. Purtroppo il concetto é stato deturpato da una pubblicitá di telefonia che recita il telefono allunga la vita, ma pazienza, le pubblicitá passano, e poi ci aiuta a ricordare che le pubblicitá sono le scoreggie dell'arte.
Un Re, scoprendosi cornuto, vuole vendicarsi su tutto il genere femminile, cosa che non gli risulta difficile, essendo un vasto Harem uno dei suoi requisiti sovrani. Questo é il presupposto della storia che incornicia tutte le altre. Ogni sua sposa é condannata a morte dopo la prima notte di nozze. Questo destino plumbeo oscura il regno di Tartaria.
E Sherazade, la figlia del visir boia (proprio la figlia di colui che dá la morte!) si offre spontaneamente al massacro. Sherazade ha un piano. Un piano con cui salverá se stessa e tutte le altre donne, un piano con cui sconfiggerá i mostri di una cultura maschilista e basata sullo strapotere di pochi, un piano semplice ma geniale, perché semplice é il cuore degli uomini. Raccontare, raccontare, raccontare, racconti che contengono racconti che contengono racconti.
Soffermiamoci sull'idea di Harem, baluardo della fusione di Maschilismo e Potere. Io sono il sultano. Come ogni regnante, é una odorosa veritá che torna sempre a galla nella storia sebbene si cerchi sempre di rituffarla nel torbido e ricoprirla di ninfee, sono un soggetto molto a rischio, super esposto alle piú potenti e degeneranti droghe con cui l'uomo si disumanizza: Potere e Ricchezza. Io ho tanti diamanti per quanti fagioli ha un mercante di fagioli e posso permettermi una reggia di 1000 e piú persone un esercito di 10 o 100mila persone. La mia misura umana é continuamente tentata da megalomanie varie. Se mi sento offeso col califfato vicino che mi ha donato una scacchiera in ciliegio e non in alabastro, io posso muovere guerra, aumentare le tasse e depredare cavalli e mandare ogni uomo a morire, per la mia scacchiera in ciliegio. Mica fiabe, Veritá semplici, l'ABC della storia: A)molti uomini sono pazzi B) alcuni uomini sono potenti. C) Spesso il potere rende pazzi o ancora piú pazzi. L'harem é una delle megalomanie possibili e ricorrenti nella societá stratificata e maschilista del medioevo orientale, ma ovviamente molti dei sultani attuali, orientali e occidentali posseggono un harem. Forse ogni uomo dentro sé ne possiede uno. Non parliamo di semplice poligamia ma di poter sfogliare donne. Avere un tale numero di donne che conoscerle, anche solo ricordarne il nome sia quasi impossibile, ridurre il proprio erotismo a zapping. Probabilmente due o tre consiglieri giravano di continuo in lungo e in largo il regno solo per trovarne di piú belle e giovani (questo fino a quando televisione e concorsi di nullitá hanno ovviato al problema, lasciate che le pargole vengno a Me). Alcuni padri si dicono onorati, altri cercano di nasconderle in ceste di grano, gli dipingono baffi con del legno bruciato...
Anche il presupposto di volerne uccidere una dopo ogni notte di nozze non appare affatto un connotato da favola a ben pensarci, non essendolo né l'uxoricidio, né lo sterminio. Curiose possono essere le implicazioni di questa forma di potere sessuale. Se la persona del sultano o per lo meno le leggi del suo stato non provvedono anticorpi a bilanciare la sua brama é probabile che divenga incontentabile, tutto é perfettibile, facile che non voglia mai piú rivedere la stessa donna, che ne voglia una diversa ogni giorno. Al culmine di questa bulimia potrebbe trovarsi il Transgender, se il sultano é persona curiosa, o piú probabilmente impotenza, e quindi apatia se il sultano é persona floscia. O rabbia se il sovrano é un volitivo. La Rabbia di un sultano di solito significa Guerra. Certo sono molte le variabili ma insomma, come gli individui dovrebbero evitare un uso eccessivo di cocaina e alcol, le societá dovrebbero evitare un uso eccessivo di sultani e sessismo, sono piú le forze che se ne vanno (a puttane) di quelle che ne vengono.
Non credo che la guerra sia una prerogativa maschile, come hanno affermato in tanti da Aristofane in poi, e mi sembra abbastanza imprudente sezionare cosí la complessa realtá umana, ma forse si, l'istinto del potere sta in qualche ormone maschile, che arriva ad annientare pur di possedere, e allora forse in questo senso la letteratura, in quanto amore per gli esseri e le loro storie, é femmina. Senz'altro Le mille e una notte é nel suo involucro il libro piú intelligentemente femminista di sempre, meglio di Aristofane con la sua brillantissima Commedia delle Donne.
Il piú grande sacerdote del culto dei libri, J.L. Borges disse che considerava i libri sacri un ramo interessante della letteratura fantastica. E´una citazione importante perché la fede é uno di quei paramentri fondamentali della storia umana, attraverso cui questo blog cerca di capire meglio il ruolo della letteratura. Ovvero, ci si domanda in questo blog, e se sostituissimo alle varie fedi quella nella letteratura, cosa ne verrebbe?
Le Mille e una notte in un certo senso ha la stessa genesi di molti libri sacri, in un certo senso é un libro piú puro di molti libri sacri. Origine incerta nel tempo e nello spazio, composizione eterogenea, traduzioni su traduzioni a confonderne ulteriormente la provenienza. Come le parabole dei libri sacri, lo fece notare proprio Borges, va "dipanando una serie infinita di atti impersonali compiuti da uno qualunque o da nessuno". Insomma in questo senso un libro puro, che giunge dal nulla, senza un autore, fatto di storie che contengono storie che contengono storie, tanto stratificato e composito che dedurne morali non é facile (vale anche per Bibbia e Corano). Se ogni libro é anche un po' il suo autore, il suo contesto, la sua morale, questo no, questo, per parafrasare l'attributo del dio ebraico, E´solo ció che é. Un pura spirale di racconti.
Sempre Borges ci ricorda del racconto della notte centrale, "dove la regina Shahrazad si mette a raccontare testualmente la storia delle Mille e una notte, a rischio di tornare un'altra volta alla notte in cui racconta, e così all'infinito". "In quella notte il re ode dalla bocca della regina la propria storia. Ode il principio della storia, che comprende tutte le altre, e anche - in modo mostruoso - se stessa"
Il Visir boia racconta la favola del bue e dell'asino alla figlia Sherazade per convincerla a desistere dal suo progetto suicida. La morale sembra essere quella di non cercare di sembrare ció che non sei o le conseguenze saranno fuori controllo. Una bella morale. Ma Sherazade non ascolta e alla fine il suo coraggio e la sua immaginazione le daranno ragione. A mostrare che un racconto é comunque piú importante della stessa morale, altrimenti la filosofia avrebbe un primato sulla narrativa, cosa che ne io né sherazade evidentemente crediamo. Il raccontare ha una potenza maggiore di quella che gli puó infondere qualsiasi moralista. Ogni racconto può avere una sua morale da consegnare al destinatario. Ma tutti i racconti implicano nel loro destinatario un amore per l'ascolto, per le storie altrui, per lasciarsi entrare nel cuore degli sconosciuti cosí diversi e simili.
Ama il tuo prossimo, insegna Gesú, ma ama, o comprendi, o per lo meno ascolta, anche il tuo remoto, questo insegna la letteratura.