Mr Anderson
era quasi ricco, quasi felice, imprenditore avviato, cittadino
ben introdotto, i figli crescevano. Allora lui scappò.
Si chiamava Sherwood, come la foresta inglese che, pupilla impenetrabile,
osservava
le diseguaglianze del regno di Riccardo Cuor di leone e compiva gesti
eroici, ribaltando carrozze e senso comune per ricolmare le distanze. Sherwood
Anderson fu uno degli scrittori piú influenti per la moderna
letteratura americana, per pesi massimi quali Faulkner, Steinbeck,
Hemingway. Oggi è un esimio sconosciuto.
Nacque
senza radici forti né privilegi, crebbe mentre tutto attorno andava
a pezzi, il padre operaio produceva briglie e finimenti per carrozze,
in un'epoca in cui si iniziava a puntare tutto sulle macchine, doveva
spostare la famiglia di qua e di la in cercca di lavoro. Sherwood è
di quegli scrittori che ha praticato mille mestieri sin
dall'adolescenza lasciando persino la scuola prima del diploma per
essere d'aiuto alla famiglia. È proprio la famiglia a procurargli la
sua prima riserva di esperienze indelebili, con trasferimenti
continui, rovesci finanziari, alcolismo del padre, morte per
tubercolosi della madre. Si trasferisce a Chicago e dopo pochi anni,
per sfuggire definitivamente alla morsa del karma familiare, eccolo a
Cuba, arruolato nella guerra Ispano-americana... Arruolarsi in guerra
per sfuggire la famiglia, già questo cameo dovrebbe far riflettere
quanti si arroventano la lingua parlando della sacralità della
famiglia.
Tornato
dalla guerra inizia a frequentare un entourage di artisti a Cleveland
che paradossalmente gli facilita l'ingresso nel mondo degli affari
attraverso il piú noto dei vasi comunicanti tra soldi e arte.
Infatti viene assunto e molto apprezzato nel ruolo di
Copywriter. Altro spunto interessante riguarda il numero di
scrittori finiti nella trappola di questo mestiere, il pubblicitario, che se da un
lato segna il rapporto piú felice tra affari e arte, giovando agli
affari, dall'altro segna quello piú grigio tra arte e affari, portando
aspiranti artisti nell' l'infame opportunitá di produrre arte ripudiando uno dei presupposti dell'arte: la genuinità,
l'urgenza gratuita, sostituendo la vendita di concimi chimici o lassativi
all'elan vital.
Comunque
nel 1912, a 36 anni, é nel pieno della sua seconda vita. Ha
definitivamente lasciato alle spalle una precaria esistenza di
sacrifici, è proprietario e fondatore dell' azienda di successo
Anderson Company, la moglie proviene da una facoltosa famiglia di
Chicago, ha tre figli, insomma è molto ben avviato sulla strada
dell'impersonificazione del sogno americano, o per lo meno ben
amalgamato al fascino discreto della borghesia.
Ma a
quel punto accadde qualcosa di strano, forse sbagliato, come una
carrozza che in piena corsa si rovescia. Sherwood Scompare. Riapparve
dopo 4 giorni con tutti i sintomi di chi ha avuto un crollo nervoso.
Siamo giá nell'epoca in cui queste cose si diagnosticano. Di solito
é l'agiografia a riservarci questi episodi di rinascita, redenzione:
San Paolo sulla via di Damasco, Sant'Agostino, SanFrancesco, tutti e
tre ex soldati. Altrimenti queste storie sono nascoste nelle cartelle
mediche dei manicomi. Sherwood dirá di aver sperimentato una rottura
cosciente della sua esistenza materialistica, questo episodio
successivamente ne certificherà lo spirito eroico romantico presso
vari scrittori contemporanei.
Il
crollo nervoso di un uomo di successo significativamente sará un
elemento ricorrente nei migliori momenti della letteratura Americana,
vedasi buona parte dei romanzi di Vonnegut, innanzitutto Mattatoio nr
5, La colazione dei campioni e Mr Rosewater, o quelli di Richard
Yates, primo tra tutti Disturbing the peace.
Pur
dopo essere caduto sulla via di Damasco siamo al princpio dei tempi
moderni, quelli di Chaplin, non ci fu agiografia e per fortuna non ci
fu il manicomio. Sherwood non abbandona tutto in nome dell'arte, si
limita ad abbandonare Cleveland, la moglie, i figli e l'azienda, ma
riprende il lavoro di Copywriter a Chicago. Comunque intensifica la
sua attività di scrittore iniziata un paio d'anni prima. E dopo
pochi anni nel 1919 pubblica Winesburg Ohio, il suo principale
successo. Seguiranno diverse altre opere, quasi sempre di racconti
brevi, ma anche romanzi, saggi e poesie, molti mai tradotti in
Italia.
Dopo
un secolo dall'inizio della sua avventura letteraria la sua prosa
speciale non ha perso mordente e la sua speciale magia. Benché sia,
come il titolo Winesburg Ohio lascia immaginare, sempre ancorato a
dettagliati sfondi americani, la sua indagine nell'animo umano
conserva il suo valore universale, ancora ci sconcertano quelle sue
strane radiografie del reale. Vinicio Capossela, ispirato da Anderson
al punto di aver scritto un capolavoro come “La Faccia della Terra” in ricordo della
sua opera maggiore, ha rintracciato nel villaggio Winesburg di
Anderson ogni comunità fatta di personaggi strambi, solitudini
contigue, ricordi intimi, quella zolla di terra che si porta sotto le scarpe chi
fugge e quella crosta di perbenismo che ricopre fobie e rimorsi di
chi resta.
Il protagonista comune a questi racconti, é un aspirante scrittore, il cui occhio e la cui fame di storie non lo preservano dal finire dentro molte di queste storie e dal patire gli sbandamenti dell'esistenza. Ecco una delle magiche spirali di Sherwood Anderson: come in Don Chisciotte si parla dell'opera all'interno della stessa opera. Soprattutto nel racconto The Thinker il narratore descrive il personaggio di se stesso, in preda alla propria vanitá di aspirante scrittore, sempre in cerca di avventure da trasformare in parole stampate, che arriva persino a manipolare e suscitare i fatti per poi poterli descrivere, come uno dei tanti personaggi che cercano grottescamente di afferrare un sogno. Ma il messaggio per noi lettori va oltre le parole del narratore che si pone al ridicolo livello di tutti gli altri. Perché se é come gli altri nel momento in cui un giorno arriva a capirlo e a descriversi. Una certa crudele sinceritá demarca la linea tra i molti scrittori di professione e quelli che sono scrittori di vita, che hanno il coraggio di mettersi in gioco e non astrarsi dietro ad un ruolo. Questi sono quelli che trovano spazio in questo blog, i funamboli senza rete che ci insegnano a tenere gli occhi aperti sul doppio abisso, quello della realtá vissuta, toccata e quello della realtá virtuale, percepita, indagata, mentita, raccontata.
Forse
proprio la soffusa originalitá della sua scrittura ha finito per
essere causa del suo incostante e breve successo. In un certo senso
resta uno scrittore piú apprezzato dagli scrittori che dai lettori.
Non c'é nulla di facile nel suo gioco. Sebbene le sue storie possano
commuovere e intrigare, abbiano momenti di crudeltà e colpi di
scena, esse non presentano una trama ben marcata, soprattutto per i
canoni della letteratura americana, affidando spesso i cambi di scena
agli oscuri colpi di sole dell'animo umano. I critici hanno spesso
sottolineato in lui la novità dell'elemento Freudiano, ma questo
elemento resta un affluente successivo in una personalità che visse
in prima persona, molto prima che sui libri, l'inquietudine di un
esistenza sballottata tra sogni e bisogni, e il marasma delle anime
perdute che fuggono la follia e la solitudine tramite la condivisione
di paure o pregiudizi. Sebbene la sua scrittura possa risultare
piacevole e spesso poetica, senza essere mai ermetica, pure essa può
apparire un po' oscura e sdrucciolevole,... non complicata, egli
caldeggiava la semplicità dello stile, ma concettualmente contorta,
affaticata dal continuo procedere nella mota torbida dell'animo
umano,... insomma può sembrare inesperta, all'occhio inesperto.
Richiede attenzione la sua ben congegnata prosa. In questo senso
forse egli è stato anche un precursore della sofisticatissima
ingenuità di Kurt Vonnegut, infatti ha con lui molti tratti in
comune, primo dei quali l'impressione per il lettore di un perspicace
incespicare: il linguaggio di Anderson appare quasi insicuro,
praticamente colloquiale, con continue correzioni e tentativi di
riuscire ad esprimere esattamente un concetto.
Spesso
può sembrare che lo smarrimento sia definitivo, che non vi sia
concetto da afferrare, verità da esprimere, che nel pacco regalo che
contiene un altro pacco regalo che ne contiene un altro alla fine non
ci sia che dubbio. Invece alla fine ne sortisce una farfalla di una
bellezza speciale dal colore cangiante, somma dei riflessi dei vari
ornamenti.
Nel
racconto introduttivo, cornice dei racconti dell'Ohio si puó
ricavare l'incantevole cifra filosofica e stilistica di Anderson
At
his desk the writer worked for an hour. In the end he wrote a book
which he called “The Book of the Grotesque.” It was never
published, but I saw it once and it made an indelible impression on
my mind. The book had one central thought that is very strange and
has always remained with me. By remembering it I have been able to
understand many people and things that I was never able to understand
before. The thought was involved but a simple statement of it would
be something like this: That in the beginning when the world was
young there were a great many thoughts but no such thing as a truth.
Man made the truths himself and each truth was a composite of a great
many vague thoughts. All about in the world were the truths and they
were all beautiful.
The
old man had listed hundreds of the truths in his book. I will not try
to tell you of all of them. There was the truth of virginity and the
truth of passion, the truth of wealth and of poverty, of thrift and
of profligacy, of carelessness and abandon. Hundreds and hundreds
were the truths and they were all beautiful.
And
then the people came along. Each as he appeared snatched up one of
the truths and some who were quite strong snatched up a dozen of
them.
It
was the truths that made the people grotesques. The old man had quite
an elaborate theory concerning the matter. It was his notion that the
moment one of the people took one of the truths to himself, called it
his truth, and tried to live his life by it, he became a grotesque
and the truth he embraced became a falsehood.
You
can see for yourself how the old man, who had spent all of his life
writing and was filled with words, would write hundreds of pages
concerning this matter. The subject would become so big in his mind
that he himself would be in danger of becoming a grotesque
Ecco
la farfalla, ma tempo che essa colpisca la nostra retina e subito la
lascerà andare, lasciandoci questa impressione rovesciata di
bellezza profonda che come una pennellata ogni tanto riemerga da
questa scrittura mobile, senza che essa diventi sentenza, filosofia,
ideologia.
Se la
narrativa americana deriva da quella inglese il suo affidarsi più
alla storia, alla trama, che alle riflessioni filosofiche dello
scrivente, cercando di essere più informativa che formativa, e
facendo largo uso dell'understatement, del non detto,
dell'intelligenza del lettore, pure quando in essa vi si introduce
della filosofia o della morale, come in Melville prima di lui e in
Steinbeck dopo, questa sembra destituire sé stessa da ogni cattedra,
da ogni pulpito, restando comunque ogni idea un fiore della storia e
non viceversa come in tante scritture europee, Manzoni, D'annunzio,
Pirandello, Hesse, Mann, Nietsche, Proust, Sartre. La scrittura di
Sherwood Anderson è uno degli esempi lampanti di questa attitudine
di saggezza soft, come lo sarà mezzo secolo dopo la sorprendente
scrittura di Vonnegut, la sua scrittura profondamente morale che peró
culmina nel suo Bokonon, il fondatore di una religione il cui primo
assunto è che sono tutte panzane.
In
vari punti ne i racconti dell'Ohio il narratore ammette la
propria inadeguatezza di fronte agli abissi dell'anima e dice che ci
vorrebbe un poeta, un poeta lui si saprebbe spiegare quelle sottili
sfumature del labirinto che ogni uomo si porta dentro. Ecco questo
scrittore, in cui la critica mainstream ritrova Freud, non si appella
né al filosofo né allo psicologo per spiegare ciò che è più
difficile spiegare, ma al poeta. Ci sta dicendo con la sua prosa, che
non é una questione di intelligenza, di grandi idee, quanto una
questione di linguaggio, come avrebbe fatto pochissimi anni dopo, lo
racconta un altro articolo di questo blog funambolo, Marguerite
Yourcenar in Alexis,.
Insomma
dalla scrittura di Anderson emerge potente uno dei concetti chiave di
questo blog e che mi fa preferire la narrativa a qualsiasi altra
forma di educazione, di intrattenimento, di droga o fede che dir si
voglia per imparare il mestiere di vivere. Anderson cerca si di
perforare l'animo umano, ma non cede mai alla sentenza, al giudizio
irreversibile, quanto invece si sforza di affidarsi, rabdomante, alla
sincerità del racconto, anche quando essa sembra portarci nella
nebbia, ci avvicinerà alla comprensione più intimamente di quanto
possa un assolutista Nietsche, senza folgorarci ma accompagnandoci,
insomma sembra emergere quella lezione tanto connaturata alla
letteratura inglese e americana, che però vogliamo riassumere con le
parole di Borges l'argentino, grande estimatore della letteratura
angloamericana: Nulla si insegna, tutto si racconta.