giovedì 2 maggio 2013

Sherwood Anderson - Winesburg, Ohio



Mr Anderson era quasi ricco, quasi felice, imprenditore avviato, cittadino ben introdotto, i figli crescevano. Allora lui scappò.
Si chiamava Sherwood, come la foresta inglese che, pupilla impenetrabile,  osservava le diseguaglianze del regno di Riccardo Cuor di leone e compiva gesti eroici, ribaltando carrozze e senso comune per ricolmare le distanze. Sherwood Anderson fu uno degli scrittori piú influenti per la moderna letteratura americana, per pesi massimi quali Faulkner, Steinbeck, Hemingway. Oggi è un esimio sconosciuto.
Nacque senza radici forti né privilegi, crebbe mentre tutto attorno andava a pezzi, il padre operaio produceva briglie e finimenti per carrozze, in un'epoca in cui si iniziava a puntare tutto sulle macchine, doveva spostare la famiglia di qua e di la in cercca di lavoro. Sherwood è di quegli scrittori che ha praticato mille mestieri sin dall'adolescenza lasciando persino la scuola prima del diploma per essere d'aiuto alla famiglia. È proprio la famiglia a procurargli la sua prima riserva di esperienze indelebili, con trasferimenti continui, rovesci finanziari, alcolismo del padre, morte per tubercolosi della madre. Si trasferisce a Chicago e dopo pochi anni, per sfuggire definitivamente alla morsa del karma familiare, eccolo a Cuba, arruolato nella guerra Ispano-americana... Arruolarsi in guerra per sfuggire la famiglia, già questo cameo dovrebbe far riflettere quanti si arroventano la lingua parlando della sacralità della famiglia.
Tornato dalla guerra inizia a frequentare un entourage di artisti a Cleveland che paradossalmente gli facilita l'ingresso nel mondo degli affari attraverso il piú noto dei vasi comunicanti tra soldi e arte. Infatti viene assunto e molto apprezzato nel ruolo di  Copywriter. Altro spunto interessante riguarda il numero di scrittori finiti nella trappola di questo mestiere, il pubblicitario, che se da un lato segna il rapporto piú felice tra affari e arte, giovando agli affari, dall'altro segna quello piú grigio tra arte e affari, portando aspiranti artisti nell' l'infame opportunitá di produrre arte ripudiando uno dei presupposti dell'arte: la genuinità, l'urgenza gratuita, sostituendo la vendita di concimi chimici o lassativi all'elan vital.
Comunque nel 1912, a 36 anni, é nel pieno della sua seconda vita. Ha definitivamente lasciato alle spalle una precaria esistenza di sacrifici, è proprietario e fondatore dell' azienda di successo Anderson Company, la moglie proviene da una facoltosa famiglia di Chicago, ha tre figli, insomma è molto ben avviato sulla strada dell'impersonificazione del sogno americano, o per lo meno ben amalgamato al fascino discreto della borghesia.
Ma a quel punto accadde qualcosa di strano, forse sbagliato, come una carrozza che in piena corsa si rovescia. Sherwood Scompare. Riapparve dopo 4 giorni con tutti i sintomi di chi ha avuto un crollo nervoso. Siamo giá nell'epoca in cui queste cose si diagnosticano. Di solito é l'agiografia a riservarci questi episodi di rinascita, redenzione: San Paolo sulla via di Damasco, Sant'Agostino, SanFrancesco, tutti e tre ex soldati. Altrimenti queste storie sono nascoste nelle cartelle mediche dei manicomi. Sherwood dirá di aver sperimentato una rottura cosciente della sua esistenza materialistica, questo episodio successivamente ne certificherà lo spirito eroico romantico presso vari scrittori contemporanei.
Il crollo nervoso di un uomo di successo significativamente sará un elemento ricorrente nei migliori momenti della letteratura Americana, vedasi buona parte dei romanzi di Vonnegut, innanzitutto Mattatoio nr 5, La colazione dei campioni e Mr Rosewater, o quelli di Richard Yates, primo tra tutti Disturbing the peace.
Pur dopo essere caduto sulla via di Damasco siamo al princpio dei tempi moderni, quelli di Chaplin, non ci fu agiografia e per fortuna non ci fu il manicomio. Sherwood non abbandona tutto in nome dell'arte, si limita ad abbandonare Cleveland, la moglie, i figli e l'azienda, ma riprende il lavoro di Copywriter a Chicago. Comunque intensifica la sua attività di scrittore iniziata un paio d'anni prima. E dopo pochi anni nel 1919 pubblica Winesburg Ohio, il suo principale successo. Seguiranno diverse altre opere, quasi sempre di racconti brevi, ma anche romanzi, saggi e poesie, molti mai tradotti in Italia.
Dopo un secolo dall'inizio della sua avventura letteraria la sua prosa speciale non ha perso mordente e la sua speciale magia. Benché sia, come il titolo Winesburg Ohio lascia immaginare, sempre ancorato a dettagliati sfondi americani, la sua indagine nell'animo umano conserva il suo valore universale, ancora ci sconcertano quelle sue strane radiografie del reale. Vinicio Capossela, ispirato da Anderson al punto di aver scritto un capolavoro come “La Faccia della Terra” in ricordo della sua opera maggiore, ha rintracciato nel villaggio Winesburg di Anderson ogni comunità fatta di personaggi strambi, solitudini contigue, ricordi intimi, quella zolla di terra che si porta sotto le scarpe chi fugge e quella crosta di perbenismo che ricopre fobie e rimorsi di chi resta.
Il protagonista comune a questi racconti, é un aspirante scrittore, il cui occhio e la cui fame di storie non lo preservano dal finire dentro molte di queste storie e dal patire gli sbandamenti dell'esistenza. Ecco una delle magiche spirali di Sherwood Anderson: come in Don Chisciotte si parla dell'opera all'interno della stessa opera. Soprattutto nel racconto The Thinker il narratore descrive il personaggio di se stesso, in preda alla propria vanitá di aspirante scrittore, sempre in cerca di avventure da trasformare in parole stampate, che arriva persino a manipolare e suscitare i fatti per poi poterli descrivere, come uno dei tanti personaggi che cercano grottescamente di afferrare un sogno. Ma il messaggio per noi lettori va oltre le parole del narratore che si pone al ridicolo livello di tutti gli altri. Perché se é come gli altri nel momento in cui un giorno arriva a capirlo e a descriversi. Una certa crudele sinceritá demarca la linea tra i molti scrittori di professione e quelli che sono scrittori di vita, che hanno il coraggio di mettersi in gioco e non astrarsi dietro ad un ruolo. Questi sono quelli che trovano spazio in questo blog, i funamboli senza rete che ci insegnano a tenere gli occhi aperti sul doppio abisso, quello della realtá vissuta, toccata e quello della realtá virtuale, percepita, indagata, mentita, raccontata.
Forse proprio la soffusa originalitá della sua scrittura ha finito per essere causa del suo incostante e breve successo. In un certo senso resta uno scrittore piú apprezzato dagli scrittori che dai lettori. Non c'é nulla di facile nel suo gioco. Sebbene le sue storie possano commuovere e intrigare, abbiano momenti di crudeltà e colpi di scena, esse non presentano una trama ben marcata, soprattutto per i canoni della letteratura americana, affidando spesso i cambi di scena agli oscuri colpi di sole dell'animo umano. I critici hanno spesso sottolineato in lui la novità dell'elemento Freudiano, ma questo elemento resta un affluente successivo in una personalità che visse in prima persona, molto prima che sui libri, l'inquietudine di un esistenza sballottata tra sogni e bisogni, e il marasma delle anime perdute che fuggono la follia e la solitudine tramite la condivisione di paure o pregiudizi. Sebbene la sua scrittura possa risultare piacevole e spesso poetica, senza essere mai ermetica, pure essa può apparire un po' oscura e sdrucciolevole,... non complicata, egli caldeggiava la semplicità dello stile, ma concettualmente contorta, affaticata dal continuo procedere nella mota torbida dell'animo umano,... insomma può sembrare inesperta, all'occhio inesperto. Richiede attenzione la sua ben congegnata prosa. In questo senso forse egli è stato anche un precursore della sofisticatissima ingenuità di Kurt Vonnegut, infatti ha con lui molti tratti in comune, primo dei quali l'impressione per il lettore di un perspicace incespicare: il linguaggio di Anderson appare quasi insicuro, praticamente colloquiale, con continue correzioni e tentativi di riuscire ad esprimere esattamente un concetto.
Spesso può sembrare che lo smarrimento sia definitivo, che non vi sia concetto da afferrare, verità da esprimere, che nel pacco regalo che contiene un altro pacco regalo che ne contiene un altro alla fine non ci sia che dubbio. Invece alla fine ne sortisce una farfalla di una bellezza speciale dal colore cangiante, somma dei riflessi dei vari ornamenti.
Nel racconto introduttivo, cornice dei racconti dell'Ohio si puó ricavare l'incantevole cifra filosofica e stilistica di Anderson
At his desk the writer worked for an hour. In the end he wrote a book which he called “The Book of the Grotesque.” It was never published, but I saw it once and it made an indelible impression on my mind. The book had one central thought that is very strange and has always remained with me. By remembering it I have been able to understand many people and things that I was never able to understand before. The thought was involved but a simple statement of it would be something like this: That in the beginning when the world was young there were a great many thoughts but no such thing as a truth. Man made the truths himself and each truth was a composite of a great many vague thoughts. All about in the world were the truths and they were all beautiful.
The old man had listed hundreds of the truths in his book. I will not try to tell you of all of them. There was the truth of virginity and the truth of passion, the truth of wealth and of poverty, of thrift and of profligacy, of carelessness and abandon. Hundreds and hundreds were the truths and they were all beautiful.
And then the people came along. Each as he appeared snatched up one of the truths and some who were quite strong snatched up a dozen of them.
It was the truths that made the people grotesques. The old man had quite an elaborate theory concerning the matter. It was his notion that the moment one of the people took one of the truths to himself, called it his truth, and tried to live his life by it, he became a grotesque and the truth he embraced became a falsehood.
You can see for yourself how the old man, who had spent all of his life writing and was filled with words, would write hundreds of pages concerning this matter. The subject would become so big in his mind that he himself would be in danger of becoming a grotesque

Ecco la farfalla, ma tempo che essa colpisca la nostra retina e subito la lascerà andare, lasciandoci questa impressione rovesciata di bellezza profonda che come una pennellata ogni tanto riemerga da questa scrittura mobile, senza che essa diventi sentenza, filosofia, ideologia.
Se la narrativa americana deriva da quella inglese il suo affidarsi più alla storia, alla trama, che alle riflessioni filosofiche dello scrivente, cercando di essere più informativa che formativa, e facendo largo uso dell'understatement, del non detto, dell'intelligenza del lettore, pure quando in essa vi si introduce della filosofia o della morale, come in Melville prima di lui e in Steinbeck dopo, questa sembra destituire sé stessa da ogni cattedra, da ogni pulpito, restando comunque ogni idea un fiore della storia e non viceversa come in tante scritture europee, Manzoni, D'annunzio, Pirandello, Hesse, Mann, Nietsche, Proust, Sartre. La scrittura di Sherwood Anderson è uno degli esempi lampanti di questa attitudine di saggezza soft, come lo sarà mezzo secolo dopo la sorprendente scrittura di Vonnegut, la sua scrittura profondamente morale che peró culmina nel suo Bokonon, il fondatore di una religione il cui primo assunto è che sono tutte panzane.

In vari punti ne i racconti dell'Ohio il narratore ammette la propria inadeguatezza di fronte agli abissi dell'anima e dice che ci vorrebbe un poeta, un poeta lui si saprebbe spiegare quelle sottili sfumature del labirinto che ogni uomo si porta dentro. Ecco questo scrittore, in cui la critica mainstream ritrova Freud, non si appella né al filosofo né allo psicologo per spiegare ciò che è più difficile spiegare, ma al poeta. Ci sta dicendo con la sua prosa, che non é una questione di intelligenza, di grandi idee, quanto una questione di linguaggio, come avrebbe fatto pochissimi anni dopo, lo racconta un altro articolo di questo blog funambolo, Marguerite Yourcenar in Alexis,.
Insomma dalla scrittura di Anderson emerge potente uno dei concetti chiave di questo blog e che mi fa preferire la narrativa a qualsiasi altra forma di educazione, di intrattenimento, di droga o fede che dir si voglia per imparare il mestiere di vivere. Anderson cerca si di perforare l'animo umano, ma non cede mai alla sentenza, al giudizio irreversibile, quanto invece si sforza di affidarsi, rabdomante, alla sincerità del racconto, anche quando essa sembra portarci nella nebbia, ci avvicinerà alla comprensione più intimamente di quanto possa un assolutista Nietsche, senza folgorarci ma accompagnandoci, insomma sembra emergere quella lezione tanto connaturata alla letteratura inglese e americana, che però vogliamo riassumere con le parole di Borges l'argentino, grande estimatore della letteratura angloamericana: Nulla si insegna, tutto si racconta.

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