venerdì 19 gennaio 2018

W. S. Maugham, Il Fantasma nell'armadio, (ed uno svelato complotto antiletterario)



Una notevole coincidenza resuscita dalla morte per accidia questo blog, cioè la lettura consecutiva di due testi nel contempo estremamente simili e altrettanto dissonanti, entrambi molto pertinenti alla tematica del blog: la relazione stretta ma clandestina e spesso indecente che lega la letteratura alla vita vissuta. Purtroppo in questa rinascita farò qualcosa che normalmente detesto fare, per rispetto del mio e altrui tempo, segnalare un pessimo romanzo, ma lo faccio per ragioni strutturali che vanno molto al di là della singola opera, come Don Chisciotte non sto attaccando i mulini ma la realtà tutta quanta.

Il primo dei due testi è „La verità sul caso Harry Quebert“, di Jöel Dicker, del 2012, conclamato bestseller di uno dei giovani paladini della letteratura mondiale, la quale nel frattempo sembra essersi disfatta di fasi ridondanti come una sobria selezione letteraria, un laborioso supporto editoriale ai contenuti e persino un'umile correzione di bozze, per lasciare più stanze libere ai professionisti del marketing. Il secondo è il più modestamente nato e onestamente sopravvissuto negli angoli bui di alcune librerie „Il fantasma nell'armadio“ di William Somerset Maugham del 1930.

Poichè in ciò consiste proprio la succitata dissonanza è bene che dichiari subito la personale opinione che quest'ultimo a distanza di settant'anni resista come un capolavoro misconosciuto della letteratura mondiale, mentre il primo morirà di morte precoce appena assolto il suo compito di botteghino. La loro sorprendente affinità sta invece nella trama: uno scrittore molto conosciuto viene invitato a scrivere la storia di un altro scrittore ancora più celebre, anzi proprio una colonna portante della letteratura mondiale.

Vorrei però armare il mio personale giudizio contro al semplicistico principio secondo cui non si discute de gustibus, ma semplicemente si calcola l'incasso, facendo notare che una descrizione ancora più pertinente di entrambe i testi potrebbe essere questa: uno scrittore (Dicker o Maugham) scrive di uno scrittore, che viene invitato a scrivere di uno scrittore. Pertanto si può capire che la letteratura sia o dovrebbe essere un protagonista tematico ineludibile per entrambe i libri. Eppure il Best seller riesce in quasi 800 pagine, non dico a mancare, ma neppure ad avvicinarsi a questo risultato, e questo potrebbe quasi sembrare un audace tentativo di negazionismo riguardo al valore della letteratura. Ci mancavano i vittimisti e complottisti della letteratura penseranno (di me) alcuni, come se non avessimo già abbastanza problemi, prima Trump e ora questo. Bene, cercando di non rivelare troppo e soprattutto di non perdere troppo tempo riguardo al primo, dirò a supporto della mia poco modesta opinione che nel libro di Dicker il protagonista, lo scrittore e narratore, afferma di essere balzato dalla sera alla mattina tra gli astri della letteratura con un singolo libro!(!!), La qual cosa ci farebbe comunque pensare che lo stesso libro che teniamo in mano dovrebbe brillare di una luce propria, essendo appunto, nella finzione, l'ennesimo frutto di una mente così assolutamente brillante. Ma tale imprudente affermazione non gli basta, si espone invece fino ad affermare che lo scrittore di cui deve raccontare la storia, il suo mentore e tuttora vivente Quebert, è considerato uno dei grandi maestri della letteratura americana, e anche lui solo grazie ad un singolo libro!(!!!) A questo punto ci si deve aspettare dai dialoghi tra questi due mostri letterari qualcosa di simile a fuochi d'artificio di genio e sensibilità. La cosa non avviene, ma possiamo spiegare forse questo imbarazzante vuoto narrativo attraverso un messaggio intenzionale di mr Dicker: la distanza tra la quotidianità di uno scrittore e la sua opera scritta. Bene, ma a questo punto il romanzo osa il massimo riportando ampi stralci di quel libro all'interno del libro che avrebbe trasformato il più grande dei due scrittori in uno dei pesi massimi della letteratura. Ed è qui che l'imbarazzo tracima senza più possibilità di contenerlo. Ci troviamo davanti a delle lettere d'amore che, non Johnatan Franzen o Alice Munro, ma gli autori di Beautiful  probabilmente troverebbero un pochino sciatte ed eccessivamente immobili:
mio tesoro, tu non devi mai morire. Sei un angelo, e gli angeli non muoiono mai. Come vedi, ti sono sempre vicino. Ti prego, asciugati le lacrime. Non sopporto di saperti triste. Ti bacio, sperando di mitigare la tua pena amore caro, che sorpresa trovare il biglietto poco prima di andare a dormire! Ti scrivo di nascosto: la sera non si può restare svegli dopo il coprifuoco le infermiere sono molto severe. Ma non potevo resistere: appena letto le parole sentito il bisogno di risponderti, solo per dirti che ti hanno. Sogno di ballare con te. Sono sicura che balli splendidamente. Mi piacerebbe chiederti di portarmi al ballo d'estate, ma so che non accetteresti.


E credo che con ciò ho detto tutto il possibile riguardo al primo romanzo. Ora, se nel primo caso la trama ricca di colpi di scena crea un thriller poliziesco giudiziario e storia d'amore, ed è essenzialmente l'unico stimolo per il lettore ad andare avanti, pagina dopo pagina, nel secondo caso mancano gli ingredienti del thriller, ma non quelli del mistero e il procedere della lettura non è affidato all'inerzia della curiosità ma ad una scrittura che è un sottile godimento per l'intelletto e ad uno svolgimento che provoca un commovente turbamento dello spirito, oltre che ad una raramente sincera rappresentazione di un passaggio di epoche. Ma soprattutto, e per questo interessa a questo blog, una riflessione molto coraggiosa sul rapporto tra letteratura e vita. La richiesta fatta allo scrittore e narratore protagonista di aiutare a comporre una sorta di agiografia di un defunto collega considerato tra i grandi moderni della letteratura inglese risveglierà la girandola dei ricordi dentro i quali non solo troverà poco spazio il materiale agiografico e la figura del soggetto da incensare comparirà particolarmente sfuggente e bidimensionale, ma si rivelerà un'altra figura, una donna messa ai margini dalla tenace convenzionalità e dal pruriginoso senso della decenza inglese, eppure straordinaria nei ricordi del protagonista. Vera rappresentante di quell'intensità gioiosa, erotica e dolorosa che è la vita. Una sorta di musa sbagliata, inadatta a comparire accanto ad un busto letterario secondo i dettami dell'Accademia, che però diventa in forza di una realtà naturale ostinatamente diversa da quella desiderata dagli uomini, la protagonista del romanzo che scorre tra le mani il lettore. In realta perfetta per rappresentare quella che all'inizio abbiamo chiamato la relazione stretta ma clandestina e spesso indecente che lega la letteratura alla vita vissuta.
 Assieme a questa musa indichiarabile, questo fantasma nell'armadio, W. S. Maugham ci regala una riflessione sulla natura intima dello scrittore, e lo fa non meditando sopra l'altro scrittore, il defunto di cui gli viene chiesto di narrare, quasi non potessimo essere in grado con sufficiente sicurezza di descrivere l'intimità di un altro solo perché un mestiere ci accomuna a lui, ma riflettendo ormai anziano su se stesso alla luce della prospettiva dei ricordi:
( la vita dello scrittore) è piena di tribolazioni. Dapprima egli deve superare la povertà e l'indifferenza del mondo; poi, raggiunto un certo successo, deve sottomettersi di buona grazia ai suoi incerti, il volubile pubblico, i giornalisti(...) i fotografi (...), gli editori(...), le persone di rango che lo invitano a pranzo e gli istituti che lo invitano a far conferenze, donne che lo vogliono come marito e  donne che vogliono divorziare da lui, ,alla merce di agenti, pubblicisti, impresari, (...) ammiratori, critici, e della propria coscienza. 
Però ha un compenso. Qualsiasi cosa abbia nella mente, una riflessione assillante, dolore per la morte di un amico, amore non condiviso, orgoglio ferito, collera per il tradimento di qualcuno a cui egli ha dimostrato gentilezza, ogni emozione o perplessità, egli non ha che da buttar nero su bianco servendosene come argomento di un racconto o come ornamento di un bozzetto, e tutto magicamente diventa sopportabile. Egli è l'unico uomo libero al mondo.

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